I Dolcificanti, alternativa allo zucchero, fanno bene alla Salute?
- noce86tx
- 19 dic 2024
- Tempo di lettura: 5 min

I "classici" dolcificanti nutrizionali sono sostanzialmente carboidrati commestibili, digeribili e presenti in natura, come ad esempio il saccarosio. Un prodotto noto perlopiù per il suo potere di conferire dolcezza alle pietanze. Tuttavia, sappiamo benissimo che i produttori di alimenti possono ricorrere anche ad alternative non derivanti dallo zucchero, solitamente ipocaloriche, per dolcificare i cibi, tra cui saccarina, aspartame, acesulfame K e alcoli di zucchero. Oltre a questi dolcificanti che ho appena elencato, esiste anche un prodotto dietetico a base di erbe dal sapore dolce chiamato stevia.
Scegliere quale dolcificante non zuccherato utilizzare non è così semplice come si potrebbe pensare. Ad esempio, alcuni perdono la loro dolcezza quando vengono surriscaldati e quindi non sono indicati per la cottura. Altri non sono chimicamente stabili e diventano amari con il tempo. Inoltre, è in corso un dibattito costante che mette in discussione la sicurezza di alcuni di questi prodotti, sollevando preoccupazioni riguardo la salute dei consumatori.
Saccarina. La saccarina è stato uno dei primi dolcificanti artificiali non derivanti dallo zucchero ad essere utilizzato su larga scala negli Stati Uniti. La saccarina era ampiamente disponibile durante la prima guerra mondiale, in cui ha contribuito alla sua popolarità come sostituto dello zucchero (per via del razionamento). Sebbene all'inizio ci fosse la preoccupazione che la saccarina potesse causare il cancro, gli esperti dell'EFSA hanno esaminato tutti i dati disponibili e hanno concluso che la saccarina non causa danni al DNA e che è improbabile che il suo consumo sia associato al rischio di cancro per l'essere umano. La saccarina è estremamente dolce, molto stabile e poco costosa da produrre. Attualmente è un po' in disuso perché la saccarina, seppur abbia un potere dolcificante 450 volte superiore a quello del saccarosio, presenta un retrogusto amaro o metallico generalmente considerato sgradevole, specialmente ad alte concentrazioni: tuttavia questo difetto è più o meno evidente a seconda della sensibilità personale del consumatore.
Aspartame. L'aspartame è un altro dolcificante artificiale non derivante dallo zucchero, un dipeptide composto da due amminoacidi legati insieme: acido aspartico e fenilalanina. Il potere calorico dell'aspartame è pari a quello del saccarosio (4 kcal/g), ma, di fatto, essendo consumato in quantità bassissime per via dell'elevato potere dolcificante, non incide particolarmente sulla quota calorica. Il suo potere dolcificante è di circa 200 volte superiore rispetto a quello del saccarosio, quindi, come dicevo, ne basta davvero poco per addolcire l'alimento. L'industria alimentare utilizza l'aspartame perlopiù nelle bevande senza zucchero. Tuttavia, non è stabile al calore e quindi non può essere utilizzato in prodotti che richiedono una cottura. Le bevande a base di aspartame devono essere chiaramente etichettate a causa dei potenziali rischi per la salute delle persone affette da una condizione genetica chiamata fenilchetonuria (PKU). La fenilchetonuria è una malattia ereditaria rara, potenzialmente grave, causata dall'accumulo dell'aminoacido fenilalanina nel sangue e nel liquido cefalorachidiano (vale a dire il liquido che circonda il cervello e il midollo spinale). La complicanza più grave è un serio ritardo mentale. Sebbene la FDA abbia giudicato l'aspartame sicuro, alcune persone sostengono che abbia effetti avversi, tra cui mal di testa, vertigini, nausea e convulsioni. Mentre diversi studi hanno riportato che somministrare aspartame ad animali da laboratorio ha aumentato l'incidenza del cancro, centinaia di studi non sono riusciti a trovare effetti simili negli esseri umani.
Acesulfame K. Si tratta di un altro dolcificante non zuccherino, chiamato acesulfame K, che in realtà altro non è che un sale che contiene potassio (K è il simbolo del potassio), per questo è chiamato anche acesulfame potassico. L'acesulfame K è stato dapprima utilizzato ampiamente in Europa e nel 1998 è stato approvato per l'uso negli Stati Uniti. A differenza dell'aspartame, questo dolcificante artificiale è stabile al calore e può essere utilizzato in un'ampia varietà di prodotti commerciali. L'acesulfame K è stato approvato per l'uso in dessert refrigerati e congelati, yogurt, miscele per dessert secchi, caramelle, gomme da masticare, sciroppi e bevande alcoliche.
Sucralosio. Il sucralosio è un altro dolcificante ipocalorico approvato dalla FDA nel 1990. La produzione di sucralosio inizia con il saccarosio, è un suo derivato a tutti gli effetti che subisce una notevole lavorazione. Il risultato finale è una molecola di zucchero con atomi di cloro attaccati. Il sucralosio è circa 600 volte più dolce del saccarosio, ma con un indice glicemico pari a zero e fornisce pochissime calorie perché è difficile da digerire e assorbire da parte del corpo. Poiché è solubile in acqua e stabile, il sucralosio è utilizzato in un'ampia gamma di alimenti e bevande.
Alcoli di zucchero. Gli alcoli di zucchero si trovano naturalmente nelle piante, in particolar modo nella frutta, ed hanno la metà della dolcezza e delle calorie del saccarosio (solo 2-3 kcal per grammo). I più comuni sono il sorbitolo (E 420), il mannitolo (E 421), l'isomalto (E 965) e lo xilitolo (E967). Hanno tutti un effetto lassativo in comune, che di recente deve essere indicato sulla confezione come "Può avere un leggero effetto lassativo". Si trovano spesso in prodotti "senza zucchero" come gomme da masticare, mentine, caramelle, dentifrici, collutori e sciroppi per la tosse. Un vantaggio degli alcoli di zucchero è che, a differenza del saccarosio, non favoriscono facilmente la carie.
Stevia. La stevia viene spesso definita il "sostituto naturale dello zucchero". Il nome latino della pianta di Stevia è Stevia rebaudiana Bertoni. Appartiene alle piante composite (Asteraceae) come i girasoli. La stevia è essenzialmente priva di calorie ed è notevolmente più dolce dello zucchero da tavola.
Sebbene gli alimenti dolcificati con alternative non zuccherate possano sembrare una fonte di piacere per il palato senza il problema dell'apporto calorico, non è sempre così. È importante capire che gli alimenti dolcificati con i dolcificanti ipocalorici non sono necessariamente da considerare sempre come una scelta alimentare sana. Molti di questi alimenti offrono poco in termini di valore nutrizionale. Inoltre, gli animali usano il sapore dolce per predire il contenuto calorico del cibo. Mangiare sostanze dolci non caloriche può degradare tale relazione predittiva, portando ad un bilancio energetico positivo (surplus) attraverso un aumento dell'assunzione di cibo e/o una riduzione della spesa energetica. Si è scoperto che la riduzione della correlazione tra sapore dolce e contenuto calorico degli alimenti aventi dolcificanti artificiali nei ratti1 ha portato ad un aumento dell'assunzione calorica, ad un aumento del peso corporeo e ad un aumento dell'adiposità, nonché una riduzione della compensazione calorica. Sostanzialmente è come se ingannassimo i nostri sensi e ci fregassimo da soli: "Non è dolce, allora ne posso mangiare ancora".

Alcuni studi suggeriscono che i sostituti dello zucchero possono effettivamente aumentare la voglia di zucchero attenuando la sazietà.2 Man mano, nel tempo, che i tassi di obesità continuano a salire, aumenta anche l'uso di sostituti dello zucchero a basso contenuto energetico. Coincidenza?

Attenzione! Le informazioni contenute in questo articolo e nel Sito più in generale non intendono e non devono in alcun modo sostituire il rapporto diretto medico-paziente o la visita specialistica.
Riferimenti
Nutritional Sciences: From Fundamentals to Food | 4th Edition Michelle "Shelley" McGuire/Kathy A. Beerman
1. Yang A. Gain weight by “going diet?” Artificial sweeteners and neurobiology sugar cravings. Yale Journal of Biology and Medicine. 2010;83:101–8.
2. Swithers SE, Davidson TL. A role for sweet taste: calorie predictive relations in energy regulation bwy rats. Behavioral Neuroscience. 2008;122:161–73. doi:10.1037/0735-7044.122.1.161.
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